18.5.06

gaming for columbine

ha alzato un gran polverone, apparendo anche su testate importanti, il gioco realizzato dal semi-anonimo columbin e inerente il massacro avvenuto nel 1999 in una scuola del colorado e perpetrato da due studenti emarginati e presi di mira dai bulli. non sorprende come i dibattiti si siano principalmente svolti intorno alla trattabilità della tematica, piuttosto che sul gioco in sé: simbolo evidente di come il videogioco non sia ancora percepito come un fatto culturale a se stante, ma, nel migliore dei casi, come una forma di intrattenimento necessariamente parassitaria di una "realtà" ontologicamente superiore.
escludendo per un attimo il background narrativo e i problemi connessi, ci troviamo di fronte ad un esempio di rimediazione di una tipologia di gioco piuttosto vetusta: un rpg in due dimensioni, con un livello di (non) dettaglio grafico e un'interfaccia che ricorda molto da vicino final fantasy vi per super nes; vengono quindi ereditati tutti gli elementi dell'rpg classico: esplorazione di ambienti, interazione con personaggi non giocanti, attacchi a turni, punti esperienza. l'elemento cronachistico entra prepotentemente nel gioco grazie all'introduzione di immagini tratte da filmati di repertorio, girati dagli stessi assassini, che già avevano suscitato molto scalpore al tempo della loro prima diffusione, immediatamente dopo la strage.
cos'ha di più scioccante e socialmente disturbante la rappresentazione di un massacro come quello di columbine in un videogioco, rispetto ad un film o ad un documentario? l'accusa maggiormente rivolta a super columbine massacre è stata quella di trivializzare l'evento trattato; di banalizzarlo, insomma, con un evidente riferimento negativo all'azione svolta dal medium sul contenuto, come si accennava prima. passa così in secondo piano la caratteristica peculiare del medium-videogioco, cioè quella di poter rivivere e rielaborare in prima persona l'evento, offrendo al giocatore la possibilità di un punto di vista interno ai fatti che nessun altro medium potrebbe consentire.

è proprio sulle interpretazioni, tanto teoriche (la strategia di gioco) quanto pratiche (la partita vera e propria) che il videogioco inteso come medium mostra tutta la sua forza, consentendo piena libertà di movimento, elaborazione e decisione, seppur all'interno di un ambiente fortemente regolato. super columbine massacre non può sfuggire a questa caratteristica fondante, e spesso trascurata: la mediazione tra il contesto narrativo, seppur filtrato dall'interpretazione ironica e provocatoria del programmatore del gioco, e l'esperienza complessa di gioco, spetta esclusivamente al singolo giocatore. è proprio questa dimensione autoriale, che restituisce importanza a chi con altri tipi di media poteva essere considerato semplicemente spettatore, l'aspetto che maggiormente può suscitare paura; chi ha buona memoria non faticherà a ricordare come una delle principali cause scatenanti della strage fosse stata individuata nelle ore passate dai due ragazzi giocando a doom.
è drammaticamente chiaro come la lotta per definire una cultura del videogioco sia ancora agli inizi.

link@nextgeneration

link@seriousgames

4 commenti:

At 18:58, Anonymous Anonimo said...

(kiarablog) ciao Gianni, anche tu nel mondo dei blog? come stai? e il tuo socio vegetariano e chitarrista dei blur??? :-) mai più venuta a palazzo nuovo, un giorno forse mi laureo anche io...

 
At 12:37, Blogger Gianni said...

eh sì, è stato un passo storico e sofferto... ;-P si tira avanti, il socio è un po' più vicino alla laurea di me (di noi?).

 
At 05:40, Anonymous Anonimo said...

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At 12:42, Anonymous Anonimo said...

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